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Confindustria alza le stime di crescita. Ma è ripartenza, non ripresa

Il centro studi Confindustria rivede all'insù le previsioni sull'economia italiana: il Pil è stimato in crescita dello 0,8% nel 2015 e dell'1,4% nel 2016. A dicembre il Csc indicava una crescita rispettivamente dello 0,5% e dell'1,1%. 

"La dinamica del Pil – si legge nel rapporto "Venti a favore e freni straordinari" – è prevista in accelerazione nel secondo semestre di quest'anno e in graduale attenuazione nel 2016". L'incremento nel primo trimestre 2015 è risultato poco superiore a quanto previsto a dicembre (+0,3% contro +0,2%), ma la Confindustria si aspetta un'accelerazione maggiore nel secondo semestre dell'anno (+0,4%). 

Le nuove previsioni – sottolinea il Rapporto – "Appaiono prudenti e lasciano spazio a sorprese positive". La previsione per il 2015 è superiore a quella del Governo del 10 aprile scorso (+0,7%) e della Commissione europea del 5 maggio (+0,6%); in linea invece quelle per il 2016. Riparte anche la domanda di lavoro, che si rafforzerà progressivamente nella seconda metà del 2015 e per tutto il 2016.

Secondo il Csc i consumi delle famiglie vanno dal +0,3% del 2014 al +0,6% nel 2015 e al +1,2% nel 2016, restando del 6,8% più bassi che nel 2007. Ripartono gli investimenti: +1,2% e +2,9% il totale, +3% e +3,8% quelli in macchinari e mezzi di trasporto (-18% sui valori pre-crisi), ma ancora sofferenti quest'anno quelli in costruzioni (-0,5%) che saliranno l'anno venturo (+2,1%, ma ancora -33% rispetto al 2007). Secondo il Csc il rapporto deficit/pil scenderà al 2,7% nel 2015 e al 2% nel 2016. 

Nello scenario economico di giugno, il Csc parla di una finanza pubblica sotto controllo, con il debito pubblico che inizia a ripiegare in rapporto al Pil: 131,9% nel 2016, dal 132,7% di quest'anno. Le entrate fletteranno dal 47,7% del 2014 al 47,5% e al 47,2%, mentre le uscite passeranno da 50,7% a 50,2% e 49,3%. La pressione fiscale resterà quest'anno al 43% per scendere al 42,7% nel 2016. "La risalita è iniziata, ma sarà lunga e difficile.

Perciò la parola ripresa e' inappropriata, anche politicamente: è da evitare", spiega l'analisi del Centro Studi di Confindustria, secondo cui il 2015 è partito bene ma "la performance non e' quella che ci sarebbe stata in altri tempi, di fronte a così forti stimoli esterni". È quindi possibile parlare di "ripartenza" ma con la consapevolezza che non ci si può "fermare neanche un attimo per compiacersi dei segnali di recupero, per quanto chiari".

Nel Rapporto, significativamente intitolato "Venti a favore, freni straordinari. Crescere di più distribuire meglio", il Csc sostiene che "se non faremo nulla torneremmo ai livelli del 2007 nel 2023". "Per recuperare il terreno perso – sottolinea il Csc – è necessario rimuovere gli ostacoli e attuare le riforme, in modo da tornare a crescere al 2,5%". Solo se l'Italia sarà in grado di reagire, attuando le misure necessarie, il trend di crescita del pre-crisi potrà essere "riagguantato" nel 2037.

La Confindustria si proclama quindi non soddisfatta dell'andamento dell'economia italiana, perchè a fronte del prezzo del petrolio più basso, della svalutazione dell'euro, del commercio mondiale in rilancio e del nuovo calo dei tassi di interesse ("i forti venti a favore"), si poteva fare di più e invece restano i "freni straordinari": l'estrema selettività del credito, l'alta disoccupazione, le costruzioni deboli, la redditività ai minimi, il Clup (costo del lavoro per unità di prodotto) penalizzante, la capacità produttiva inutilizzata, il risparmio ridotto. Inoltre, occorre tener conto che tassi e cambio bassi sono rimedi estremi a mali estremi, l'inflazione resta vicina allo zero, la politica di bilancio rimane restrittiva.

Le leve su cui agire – afferma il Rapporto – sono conoscenza, concorrenza, burocrazia e lavoro. È necessario quindi potenziare l'istruzione e la ricerca, promuovere la concorrenza soprattutto nei servizi, snellire la burocrazia, aumentare il tasso di occupazione in particolare di giovani e donne.